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Vera Ciceri e Gaetano Invernizzi. Che tipi!

  • Immagine del redattore: Isabella Lavelli
    Isabella Lavelli
  • 15 lug
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 16 ott

Gaetano Invernizzi e la sua compagna di vita e di lotte Fancesca "Vera" Ciceri
Gaetano Invernizzi e la sua compagna di vita e di lotte Fancesca "Vera" Ciceri

Inizialmente non mi piaceva l'idea di raccontare la storia di questi due giovani insieme. Hanno infatti avuto un ruolo attivo nella Resistenza e nel dopoguerra in maniera autonoma. Gaetano è stato un importantissimo esponente del Partito Comunista e del Sindacato ma purtroppo ha avuto una vita breve, Vera d'altra parte è stata un partigiana attiva in Valsassina e ha avuto un ruolo importante nell'ANPI fino agli anni ottanta.

Entrambi sono nati in ambienti molto umili ma hanno dimostrato capacità politiche notevolissime.

Quindi, inizialmente ho tentato di dedicare una scheda individuale a questi due personaggi strordinari ma, vi dico la verità, non è stato possibile.

Con l'autonomia e il valore che descrivevo più sopra, le storie di questi due giovani compagni di vita oltre che di lotta sono fortemente intrecciate. C'è un'energia che li tiene uniti. Anche nei momenti di distanza, come quelli della detenzione, un fitto ed estremamente emozionante epistolario, questa coppia sprigiona una capacità di giudizio politico e amicizia profonda straordinarie.


Dice Alasia nel suo libro:

L’incontro con Francesca è un momento importante nella vita di Gaetano, e non soltanto per ciò che riguarda la sua vita privata, ma anche per quanto concerne la sua attività di militante antifascista, di sindacalista, di comunista.le loro vite saranno così strettamente unite e compenetrati e sotto tutti gli aspetti, che non sarebbe possibile considerarle separatamente. Dice Francesca: "Per me Gaetano è stato tutto: è stato maestro, è stato amico, è stato amante, è stato marito.io devo ringraziare lui se oggi sono quella che sono".

Un bellissimo reportage di Lecco Online a cura di Dario Cercek traccia un ritratto di questa coppia "resistente":

Potrebbe essere la trama di un romanzo "Una storia d’amore e di impegno politico". Lui ventenne, lei poco più giovane: si incontrano nella stagione incandescente del biennio rosso, quello degli scioperi e dell’occupazione delle fabbriche tra 1919 e 1920; con l’avvento del fascismo fuggono a Parigi dove si sposano; si nascondono a Mosca; tornano in Italia per coordinare la lotta antifascista, sono scoperti e finiscono in carcere. Poi, la Resistenza e successivamente le lotte sociali e sindacali di un dopoguerra che lui non vivrà a lungo, morendo nel 1959 all’età di 60 anni. Lei se ne andrà quasi trent’anni dopo, nel 1988. Non sono intellettuali: sono semplici operai, militanti comunisti con ciò che significa questa definizione nella storia del nostro Paese. Però, questa trama avventurosa è vita vera. Vita vissuta. Lui è Gaetano Invernizzi, lei Francesca Ciceri, conosciuta come Vera, nome di battaglia durante la Resistenza. (da Lecco Online)

L'esperienza politica di Gaetano Invernizzi è raccontata in un libro del 1976, intitolato "Gaetano Invernizzi, dirigente operaio", forse un po' colpevolmente veniva tralasciata, nel titolo, la figura di Vera.

Nell'approfondimento sono riportati molti passaggi di questo quasi introvabile volume.


Partiamo allora da lei.

Francesca Ciceri nacque a Lecco nel 1904. Rimasta orfana di padre, iniziò a lavorare in fabbrica all'età di dieci anni. A quindici anni, era impiegata come operaia presso l'azienda metallurgica Rocco Bonaiti di Lecco: qui iniziò a frequentare i sindacati, partecipando all'occupazione delle fabbriche durante gli scioperi del 1919-1920.

Fu in questo periodo che conobbe Gaetano "Nino" Invernizzi, che presto divenne suo compagno nella militanza politica oltreché nella vita privata. Anche lui era nato a Lecco, da famiglia artigiana e si era arruolato volontario nella Prima Guerra Mondiale.

Nel 1922 Nino aderì al Partito Comunista d'Italia e fu presto costretto ad emigrare a Parigi. Qui Francesca riuscì a raggiungerlo nel 1924, per poi convolare a nozze nel 1925.

I due peregrinarono per l'Europa, proseguendo insieme la loro azione politica.

Il 22 maggio 1937 il Tribunale speciale per la difesa dello Stato condannò Nino a 14 anni e Francesca a 8, con l'accusa di cospirazione contro lo Stato e ricostituzione del Partito Comunista. Lei fu incarcerata presso il penitenziario femminile di Perugia, dove scontò quattro anni e uscì, in seguito a un'amnistia, nel 1941. Tornò quindi a Lecco dove trovò un lavoro e riprese l'attività politica. Francesca diventerà Vera nel '43, combattendo nelle formazioni garibaldine ai Piani d'Erna (LC).

Dopo la caduta di Mussolini il 25 luglio 1943, anche Nino fu scarcerato e riprese le sue attività politiche a Lecco, alternando il lavoro in clandestinità alla lotta partigiana in montagna.

Cercavo di raccogliere qualcosa per il suo ritorno, e mi davo da fare anche per trovare un buco dove andare ad abitare. Arrivo alla stazione la sera col sacchetto della farina in mano, scendo dal treno e sento una voce dietro che dice: “Signora, vuole che l’aiuti?”. M’è caduto il sacchetto di mano, avevo riconosciuto la sua voce. Mi volto e me lo vedo davanti, ancora vestito da carcerato, senza matricola, ma con l’abito a strisce che gli avevano fatto in carcere, e con un paio di zoccoli ai piedi.

Vera e Nino furono protagonisti proprio della fase di inizio della Resistenza nel Lecchese. Il 9 settembre 1934 Gaetano tenne un discorso nei pressi della società Canottieri, indicò la via dei monti e della Resistenza armata e chiese ai militari di unirsi agli antifascisti. Il mattino successivo gli alpini lasciarono l’edificio della caserma e, in accordo con il colonnello Alberto Varusio, i partigiani prelevarono le armi e quindi si disposero sulle montagne intorno a Lecco. L’appello di Gaetano Invernizzi fu raccolto da molti dei presenti, ai quali si aggiunsero soldati sbandati ed ex prigionieri di guerra spagnoli, russi, francesi, fuggiti dal campo di prigionia di Grumello al Piano (Bergamo). Si formarono i primi gruppi di resistenti dislocati ai Piani Resinelli, in Campo de’ Boi e ai Piani d’Erna. Gaetano Invernizzi e Francesca “Vera” Ciceri salirono in Erna, dove, con Bernardo Carenini, costituirono la formazione partigiana “Carlo Pisacane”. La presenza di queste formazioni preoccupò i comandi germanici che reagirono con un rastrellamento che iniziò all’alba del 17 ottobre 1943. I partigiani opposero resistenza, ma dopo tre giorni di scontro i nazisti riuscirono a disperderli e a distruggere i possibili rifugi per l’inverno (baite, cascine, capanna Stoppani). Quella di Erna fu una delle prime battaglie della Resistenza italiana.


Dopo la Liberazione, Nino assunse importanti incarichi sindacali e fu eletto alla Camera dei deputati per il Partito Comunista Italiano. Francesca continuò la sua attività dirigendo la rete dei "Gruppi di Difesa della Donna" ed entrando nel Comitato della Federazione Milanese del Partito.


Dopo la morte di Nino, avvenuta nel 1959, Francesca tornò a stabilirsi a Lecco diventando presidente della sezione provinciale dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia tra il 1980 e il 1988. Nel 1977, la Città di Lecco le conferì la medaglia d'oro per meriti patriottici e civili.

Vera Ciceri ci ha lasciato un esempio di coerenza e di forza d’animo non comuni grazie alla sua forza di carattere, animata da incrollabili principi.



Fonti:



 
 
 

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