Partigiani a Premana. Storie a confronto.
- Isabella Lavelli
- 28 nov 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 8 set

Premana (Lc) è un piccolo paese della Valsassina. Qui, nel 2005, vivevano alcune persone che hanno combattuto nella 55ª Brigata garibaldina “Fratelli Rosselli”.
Nei loro racconti, il senso di smarrimento di ragazzi che si trovano ad avere a che fare con la guerra che toglie da mangiare e con gli occupanti tedeschi che tolgono ogni libertà.
I premanesi che abbiamo incontrato descrivono la paura della gente che, a volte, si rifiutava di aiutare i partigiani, terrorizzata dai rastrellamenti; raccontano le paure e le preoccupazioni di chi viveva in montagna lontano dagli affetti.
I premanesi hanno avuto un ruolo importante nella lotta di liberazione poiché questa valle stretta e la posizione strategica del piccolo borgo hanno fatto sì che queste zone diventassero teatro di sanguinosi scontri tra i tedeschi e le formazioni partigiane.
Il signor Giuliano Cedro ci ha raccontato che la sua scelta di stare con i partigiani è avvenuta all’età di diciassette anni, dopo che il padre e il fratello maggiore erano stati arrestati perché antifascisti e portati alla prigione Sant’Agata a Bergamo. Un altro fratello era stato deportato in Germania.
A Giuliano, rimasto solo, con la casa distrutta dai tedeschi, il tenente Todeschini consigliò di unirsi alle formazioni partigiane.
Le reclute delle formazioni partigiane venivano portate alla Botella, dove ricevevano le armi. Giuliano racconta che aveva paura anche solo a tenere in mano la bomba a mano che gli avevano dato.
Cedro era il più giovane della Brigata Rosselli.
Se Giuliano Cedro era solo un ragazzo, altri, come Luigi Gianola erano già adulti e rappresentavano una guida per i compagni.
Luigi Gianola fuggì dopo l’8 settembre e tornò a casa, dove lo attendeva la vita dello sbandato, che non aveva la tessera per il cibo. La gente spesso non capiva l’impegno dei partigiani, a volte per paura, a volte per ignoranza e questo provocava una frustrazione che feriva.
Il signor Luigi visse la Resistenza come comandante e questo ruolo pesava. Era a volte difficile sapere di avere la responsabilità di tanti ragazzi.
E poi l’insurrezione… Gianola ricorda l’ultimatum dato dal tenente Todeschini che, a pochi giorni dal 25 aprile 1945, disse ai suoi che non era più tempo di attendere, ognuno doveva schierarsi e decidere se stare con i partigiani, fino alla fine.
Dopo la guerra sono state dette molte cose sui partigiani, ma Luigi Gianola ricorda che quando veniva requisita della merce dai negozi, per nutrire i giovani partigiani, veniva rilasciato ai negozianti un buono, quando la merce non poteva essere pagata e dopo la guerra tutti i debiti sono stati saldati. Lo stesso non è accaduto dall’altra parte infatti spesso i fascisti si sono macchiati di furti veri e propri, non solo di alimentari, ma anche dei pochi soldi che le famiglie riuscivano faticosamente a risparmiare, dei gioielli di famiglia e dei mobili delle modeste case.
Fermo "Franco" Rizzi invece era una staffetta. Ci ha raccontato che una volta ha avuto veramente paura, perché nel bel mezzo dei rastrellamenti del 1944 era stato incaricato di andare a portare una comunicazione. Racconta Rizzi che si dormiva per terra nelle stalle, la vita era molto dura e si mangiava solo quando si poteva. Poi di notte ci si doveva spostare oppure fare azioni come, ad esempio, tagliare i pali del telefono.
Rizzi racconta che i tedeschi non si sono quasi visti in queste zone e “facevano più paura i repubblichini”.
Sergio "Italo" Gianola ci ha raccontato invece la storia per cui la via più importante di Lecco ha preso il nome “Corso Martiri della Liberazione”. Infatti il giorno dell’insurrezione alcuni fascisti si erano asserragliati proprio in uno dei palazzi di C.so Martiri. Accerchiati dai partigiani questi loschi figuri avevano esposto la bandiera bianca ma, nel momento in cui i partigiani si fecero avanti per andare ad arrestarli, questi si misero a sparare uccidendo una decina di giovani.
Gerolamo "Fausto" Ambrosioni chiamato alle armi si rifiutò di combattere per la Repubblica di Salò. Non appena i fascisti si accorsero della sua assenza lo andarono a chiamare e gli intimarono di presentarsi al comando della Brigata Nera il giorno successivo.
Ma la sera dello stesso giorno lui e un suo amico fecero una finta partenza. Salutarono tutti e con l’aiuto di Don Croci andarono all’alpeggio di Ronco e poi, nel bosco, si travestirono da donne e, per vie secondarie, ritornarono in paese.
Giuseppe "Ursi" Bellati era il figlio del custode del Rifugio Pio XI. Una sera un premanese si avvicina a suo padre, che era un antifascista, puntandogli contro il mitra. Il Rifugio, che aveva ospitato dei partigiani fu completamente distrutto (foto sotto).
Video-intervista ai partigiani di Premana, realizzata nell'aprile del 2005 (versione restaurata)
Per approfondire:
La pietra d'inciampo in onore del Tenente Todeschini a Premana: https://www.leccoonline.com/notizie/73845/la-memoria-del-tenente-todeschini-nella-pietra-d-amp-rsquo-inciampo-posata-nella-sua-premana



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